
Anuptafobia: affrontare la paura di rimanere single
Esistono individui che godono della loro singolarità e altri che, invece, l’affrontano con grande apprensione. La paura di rimanere soli e l’ansia di non trovare l’amore possono trasformarsi in una vera e propria fobia conosciuta come anuptafobia, comunemente chiamata ‘sindrome di Bridget Jones’.

La paura di rimanere soli
L’anuptafobia, scherzosamente conosciuta anche come ‘sindrome di Bridget Jones’, rappresenta la paura persistente di rimanere single per tutta la vita e con essa si associa una sensazione di solitudine esistenziale.
Questo timore di restare soli a lungo termine è accompagnato da sentimenti di inadeguatezza, tristezza, ansia e senso di indegnità.
È risaputo che la paura della solitudine è un’esperienza temuta che porta spesso ad angoscia profonda e depressione, alimentata da convinzioni radicate di incapacità, mancanza di affetto e scarsa autostima.
Questa paura esistenziale sembra essere diffusa, generando una serie di problemi psicologici e sensazioni di malessere generale.
Ma cosa implica esattamente l’anuptafobia? Letteralmente, anuptafobia significa ‘paura di non sposarsi’. Dal punto di vista psicologico, è la paura irrazionale e ingiustificata di non trovare un partner con cui soddisfare il bisogno di affetto, protezione, vicinanza e amore; una sorta di terrore di essere condannati alla solitudine o di non essere capaci di instaurare una relazione sentimentale appagante e reciproca.
Questo stato mentale può manifestarsi attraverso comportamenti di ritiro e isolamento, così come attraverso una ricerca disordinata e ossessiva di un compagno, spesso con risultati negativi e confermativi.
La sindrome di Bridget Jones
Questa sindrome, ora ampiamente riconosciuta, sembra essere più comune tra le donne e nella fascia d’età intorno ai 35 anni, dove spesso si avverte una sorta di pressione legata al tempo che scorre, collegata al famigerato orologio biologico che sembra scandire ogni passaggio.
In molti casi, questa paura è accompagnata da sentimenti di vergogna, rabbia e una visione pessimistica e sfiduciata di sé stessi e degli altri. A volte, proprio a causa di questa paura sottostante, si finisce per accontentarsi di relazioni poco soddisfacenti o disfunzionali. Questa ansia della solitudine può generare problematiche profonde, radicate in nuclei dolorosi della persona che ne è afflitta.
Spesso si osservano convinzioni profonde che colorano l’autostima delle persone coinvolte: si considerano vulnerabili, ‘sfigate’, poco adatte a relazionarsi con gli altri e prive del merito di ricevere amore, poiché percepite come poco interessanti, poco gradevoli o poco attraenti.